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“Va, pensiero, sull’ali dorate” è una delle arie più famose dell’opera lirica “Nabucco” di Giuseppe Verdi scritta nel 1842, quando l’Italia era sotto il dominio austriaco.
Verdi in questo modo voleva descrivere l’Italia all’epoca, però, ha usato una metafora, ha utilizzato la storia degli antichi Ebrei per evitare la censura.
Con quest’aria, lui invitava il popolo a combattere per la libertà perché ormai, su quel territorio che apparteneva agli italiani, poteva andarci solo il pensiero, solo lui poteva posarsi sui campi, sentire l’odore dell’aria, riportare alla mente e nel cuore i vecchi ricordi, solo lui poteva raccontare il passato.
Gli strumenti rappresentano al meglio la situazione. All’inizio c’è un’alternanza di suoni molto forti, violenti, invece il “ tremolio” successivo per rievocare le terre lontane.
Le prime due strofe procedono tranquille, viene descritto il territorio lontano.
All’inizio della terza strofa, invece c’è l’unione di tutti gli strumenti che “esplodono” col coro, c’è un’implorazione al pensiero da parte del popolo che chiede di non far sparire il ricordo del passato e in questa strofa, per ben due volte, c’è un contrasto tra piano e forte sia dalla parte dell’orchestra che del coro.
Nella quarta e ultima strofa i primi due versi sono normali e nei seguenti due c’è un’altra “esplosione” di coro e orchestra perché il popolo chiede a Dio la forza (metaforicamente) per sopportare il dominio straniero.
Uno dei versi più importanti è: “Oh mia patria sì bella e perduta!”, esso non si riferisce solo al passato, ma anche al presente.
L’Italia non è dominata da nessuna potenza straniera come all’epoca, però ha perso la difesa della cultura e i suoi valori morali; l’Italia è ricca di un patrimonio artistico che però non sa sfruttare.
In sintesi sono queste le parole del direttore d’orchestra Muti nel 2011, quando in un concerto per i 150 anni dell’Unità d’Italia, viene chiesto il bis dell’aria chiede a tutti gli spettatori di cantare col coro e di gridare “Oh mia patria sì bella e perduta!”.
Testo | Parafrasi | ||
Va, pensiero, sull’ali dorate | Vai pensiero sulle tue ali d’oro. | ||
Va, ti posa sui clivi, sui colli, | Vai e posati sui pendii e sui colli, | ||
Ove olezzano tepide e molli | Dove profuma tiepida e deliziosa | ||
L’aure dolci del suolo natal! | L’aria dolce della nostra terra natale. | ||
Del Giordano le rive saluta, | Saluta le rive del Giordano | ||
Di Sïonne le torri atterrate… | e le torri di Sion, che sono state distrutte… | ||
Oh mia patria sì bella e perduta! | Oh mia patria così bella e perduta, | ||
Oh membranza sì cara e fatal! | Oh ricordo così caro e doloroso. | ||
Arpa d’or dei fatidici vati, | Arpa d’oro dei premonitori profeti, | ||
Perché muta dal salice pendi? | Perché muta sei appesa ad un salice? | ||
Le memorie nel petto riaccendi, | Riaccendi i ricordi nel nostro cuore, | ||
Ci favella del tempo che fu! | Parlaci del tempo passato. | ||
O simile di Solima ai fati | Tu che hai memoria della sorte di Gerusalemme | ||
Traggi un suono di crudo lamento, | Fai uscire un suono di crudo lamento, | ||
O t’ispiri il Signore un concento | Oppure il Signore ti ispiri una musica | ||
Che ne infonda al patire virtù! | Che sappia farci reagire alla sofferenza. |