Franz Peter Schubert nacque a Lichtental, piccolo sobborgo di Vienna, nel 1797. Sebbene sia venuto a mancare alla prematura età di 31 anni, egli può essere considerato il primo musicista Romantico, originale sia nelle composizioni musicali sia in quelle vocali. Nonostante la sua breve vita, scrisse circa 600 Lieder. Compose anche 10 sinfonie con il pianoforte, ma una di queste, la n°8 rimase incompiuta. Venne così chiamata “Incompiuta” ed è una delle sinfonie più celebri di tutti i tempi. Schubert studiò con il maestro di cappella della chiese di Vienna. Dal 1808 al 1813 frequentò lo Stadtkonvikt, dove studiò con Wenzel Ruzicka e, successivamente, con Antonio Salieri. Sotto la guida del maestro di cappella, Schubert fu in grado di comporre le prime ouverture e sinfonie. Nel comporre sinfonie e Lieder non usò il pianoforte, ma compose la musica come se stesse scrivendo parole, apportando pochissime correzioni. Nel maggio 1814 Schubert scrisse un canto “Messa” che fu suonata nella parrocchia di Lichtental. Nel 1815 portò a termine 4 Opere, 150 Lieder per voce e pianoforte, 2 Sinfonie, 2 Sonate pianistiche, 2 Messe, un Quartetto per Archi, e, soltanto l’anno dopo, compì altri 100 Lieder, le Sinfonie n° 4 e n° 5 e la “Messa n° 4“. Nel 1827 Franz Schubert pubblicò 24 Lieder e nel 1828, scrisse l’opera intitolata “Improvvisi”, senza, però, riuscire a pubblicarla. Franz Peter Schubert morì a soli 31 anni, di febbre tifoide, il 19 novembre del 1828. Egli riposa nel cimitero viennese di Wharing, a pochi metri di distanza da dove è sepolto Beethoven, che in vita tanto ammirò, ma che mai ebbe l’occasione di incontrare.
Gioacchino Rossini, nato a Pesaro il 29 febbraio 1792 e morto a Parigi il 13 novembre 1868, è stato un compositore italiano. La sua attività ha spaziato attraverso vari generi musicali, ma è ricordato soprattutto come uno tra i più grandi compositori di opere liriche per il teatro. Alla sua figura è dedicato l’annuale Rossini Opera Festival e la sua opera è tutelata dalla Fondazione Rossini di Pesaro. Compose la sua prima opera all’età di quattordici anni, poi vennero il precoce ed improvviso abbandono del teatro, la depressione e il ritiro nella pace della campagna parigina di Passy.
Nato tre mesi dopo la morte di Wolfgang Amadeus Mozart, il Cigno di Pesaro, come fu definito, impresse al melodramma uno stile destinato a far epoca e del quale chiunque, dopo di lui, avrebbe dovuto tener conto; musicò decine di opere liriche senza limite di genere, dalle farse alle commedie, dalle tragedie alle opere serie e semiserie. L’affinità che unisce Rossini e Wolfgang Amadeus Mozart nell’esser stati entrambi geni precoci della composizione musicale.
La sua famiglia era di semplici origini: il padre Giuseppe era originario di Lugo e suonava per professione nella banda cittadina e nelle orchestre locali che appoggiavano le truppe francesi d’occupazione; la madre, Anna Guidarini, era nata ad Urbino ed era una cantante di discreta bravura. In ragione delle idee politiche del padre, la famiglia Rossini fu costretta a frequenti trasferimenti da una città all’altra dell’Emilia-Romagna.
Così il giovane Rossini trascorre gli anni della giovinezza o presso la nonna o in viaggio fra Ravenna, Ferrara e Bologna dove il padre era riparato nel tentativo di sfuggire alla cattura dopo il restauro del governo pontificio. Ed è proprio a Bologna, dopo aver appreso qualche rudimento dai fratelli Malerbi a Lugo, che si avvicina alla musica ed in particolare allo studio del canto e della spinetta.
Conosce Isabella Colbran, cantante lirica, maggiore di età, che sposerà a Castenaso il 16 marzo 1822 e da cui si separerà intorno al 1830. Nel 1846 sposò Olympe Pelissier dopo la morte di Colbran, avvenuta l’anno prima. Gioachino Rossini è stato ed è molto amato anche all’estero; sulla sua figura sono stati scritti numerosi libri e biografie.
Rossini, uomo dalle mille sfaccettature, è stato descritto dai numerosi biografi in molte maniere: ipocondriaco, umorale e collerico oppure preda di profonde crisi depressive, ma pure gioviale bon vivant amante della buona tavola e delle belle donne; spesso è stato ritenuto afflitto da pigrizia, ma la sua produzione musicale, alla fine, si rivelerà incomparabile. Rossini smise di comporre per il teatro lirico all’età di trentasette anni, dopo il Guglielmo Tell.
L’autore di opere come Il barbiere di Siviglia, La Cenerentola, Semiramide, Tancredi, La gazza ladra e Le Comte Ory (solo per citarne alcune) si spense per una forma tumorale nella sua villa di Passy, presso Parigi. Le sue spoglie furono tumulate nel cimitero parigino Père Lachaise e portate in Italia solo nel 1887, nove anni dopo la morte della Pélissier. Riposano nella basilica di Santa Croce, a Firenze. Rossini ha lasciato ogni suo bene alla città natale, Pesaro, nella quale è attivo ancor oggi un importante Conservatorio a lui intitolato. Dai primi anni settanta ad oggi sta prendendo campo una rivalutazione delle opere del compositore pesarese, in particolare dei suoi melodrammi seri, una riscoperta che ha dato vita alla cosiddetta Rossini-renaissance.
I suoi capolavori, alcuni dei quali riportati in auge un paio di decenni prima con la interpretazione di Maria Callas, sia pure in edizioni tutt’altro che filologiche, sono rientrati ormai in repertorio e vengono rappresentati dai maggiori teatri lirici del mondo. A Pesaro viene organizzato annualmente il Rossini Opera Festival: appassionati da tutto il mondo giungono appositamente per ascoltare opere del maestro eseguite filologicamente.
Nacque il 3 febbraio 1809, nella città di Amburgo, da un’aristocratica famiglia di origine ebraica.
La sua famiglia, in un impeto di diplomazia e convenienza si convertì al luteranesimo, aggiungendo al proprio cognome Bartholdy per distinguersi dai membri della famiglia rimasti ancora fedeli all’ebraismo.
La spensieratezza e la sua prematura saggezza giovanile gli permisero di non dare molto peso a questo cambiamento ma lo portarono a concentrarsi più alla musica e alle arti che alla religione.
Da giovane ebbe modo di maturare rapidamente, grazie ai suoi genitori, assai colti, che fecero in modo che gli venisse impartita un’educazione completa, rivelandosi veloce nell’apprendimento della musica.
Imparò a suonare il pianoforte dalla madre all’età di sei anni, a sette divenne allievo di Marie Bigot.
La sorella, Fanny Mendelssohn conosciuta poi come Fanny Hensel era lei stessa pianista di fama e compositrice di rilievo tanto che alcune opere firmate dal fratello furono scritte in realtà da lei anche in virtù del pregiudizio che non considerva conveniente una tale attività artistica per una donna.
Nel 1819 si trasferì con la famiglia a Berlino, dove si concentrò nello studio del pianoforte sotto l’insegnamento di Ludwig Berger – allievo diretto di Muzio Clementi – e della composizione con Carl Friedrich Zelter, che gli insegnò ad amare la musica di Bach e gli presentò, nel 1821, Goethe.
L’anziano poeta manifestò grande ammirazione per il giovane Mendelssohn, tanto che lo invitò a suonare per lui per alleviare la sua malinconia.
Mendelssohn si esibì nel suo primo concerto all’età di nove anni, quando prese parte ad un’esibizione da camera suonando in modo impeccabile il difficile Concerto militare di Dussek.
Fu compositore prolifico fin dalla più giovane età, e pubblicò il suo primo lavoro, un quartetto per pianoforte, all’età di tredici anni.
Scrisse le sue prime dodici sinfonie, che iniziarono ad essere eseguite con regolarità solamente in tempi recenti, durante i primi anni di adolescenza (più precisamente, dai dodici ai quattordici anni).
A quindici anni scrisse la prima sinfonia per orchestra completa, op. 11 in Do minore (1824), nel 1825 il celebre Ottetto per archi op.20, e a diciassette l’Ouverture per il Sogno di una notte di mezza estate di Shakespeare, forse il suo primo grande successo.
Viaggio molto e a Parigi, nel 1825, ebbe modo di conoscere Gioachino Rossini, Giacomo Meyerbeer e Luigi Cherubini, responsabile in parte della carriera musicale poi intrapresa da Felix, avendo dato un favorevole giudizio al quartetto in si minore op. 3 (dedicato a Goethe). A Roma incontrò Hector Berlioz, con il quale instaurò una duratura amicizia, pur non considerandolo un musicista di gran livello.
Ebbe il merito di riportare alla luce la musica di Johann Sebastian Bach, caduta in oblio in quel periodo, in particolare la Passione secondo Matteo, che fino ad allora non era stata più interpretata dalla morte dello stesso Bach. L’intera opera di Bach deve a Mendelssohn un rilancio importantissimo che non è mai più terminato. Non solo Bach ma anche Mozart ricevette da Mendelssohn un ulteriore rilancio; proprio questi due giganti della musica caratterizzarono il suo stile compositivo sia nella struttura che nella efficacia melodica.
Sposò Cécile Jeanrenaud nel marzo del 1837 ed ebbe cinque figli.
A quanto pare, durante la luna di miele, nella Foresta Nera in Germania, gli venne una ispirazione e compose il concerto per pianoforte e orchestra in re minore op.40.
Dal 1829 al 1832 fu in viaggio in Inghilterra, Svizzera, Francia ed Italia cogliendo quasi ovunque grande successo esibendosi come pianista, organista e direttore d’orchestra.
Nel 1835 fu nominato direttore dell’orchestra del Gewandhaus di Lipsia e nel 1843 fondò il Conservatorio di Lipsia.
Gli ultimi anni della sua vita furono caratterizzati da una salute piuttosto cagionevole e questo gli impedì di esibirsi come pianista, portandolo verso una grave forma di depressione anche a a causa della contemporanea morte della sorella Fanny nel maggio del 1847. A questo triste evento dedicò il “Requiem per Fanny”, ovvero il quartetto op. 80, in fa minore, sua ultima composizione di spessore, e opera nella quale si riscontra per la prima volta una profonda malinconia a differenza della sua intera opera tipicamente energica e brillante.
Dopo una serie di infarti ed un ictus, a 38 anni, il 4 novembre 1847 alle 21.24, nella sua casa al numero 12 di Goldschmidtstrasse a Lipsia, e fu sepolto nel Dreifaltigkeitsfriedhof a Berlino.
Robert Schumann, suo grande amico, dedicò alla sua memoria il brano Rimembranze dell’Album per la gioventù.
John Towner Williams nasce l’8 febbraio del 1932 a New York, figlio di Johnny, trombettista jazz e percussionista, tra i fondatori del Raymond Scott Quintet. Inizia a studiare musica a sette anni, e poco dopo impara a suonare, oltre al pianoforte, anche il clarinetto, la tromba e il trombone.
Dimostrando un notevole talento, compone per le bande scolastiche e, durante il servizio militare, per l’aviazione nazionale.
Dopo il congedo decide di frequentare il corso di pianoforte della Juilliard School of Music, dove riceve gli insegnamenti di Rosina Lhevinne; dopodiché si trasferisce a Hollywood, proseguendo gli studi musicali sotto la guida di Mario Castelnuovo-Tedesco e di Arthur Olaf Anderson.
Le prime colonne sonore
Sin dagli anni Cinquanta è autore di colonne sonore per la televisione: “Today”, serie del 1952, e “General Electric Theatre”, risalente all’anno successivo; nel 1957, poi, lavora a “Playhouse 90”, a “Tales of Wells Fargo”, a “My Gun Is Quick”, a “Wagon Train” e a “Bachelor Father”, oltre che a “M Squad”.
Gli anni ’60
A partire dagli anni Sessanta, si avvicina anche al cinema, con “I Passed for White” e “Because They’re Young”. Nel 1960 lavora alla serie tv “Scacco matto”, mentre l’anno successivo è impegnato in “The Secret Ways” e in “Kraft Mystery Theatre”, accreditato come Johnny Williams. Dopo “Alcoa Premiere”, compone le musiche di “Bachelor Flat” e delle serie tv “Il virginiano”, “The Wide Country” e “Empire”.
Gli anni ’70
Negli anni Settanta si occupa delle musiche di “NBC Nightly News”, mentre sul fronte cinematografico è impegnato per “Storia di una donna”, “Jane Eyre nel castello dei Rochester”, “Il violinista sul tetto” (per il quale vince un Oscar) e “I cowboys”. Dopo avere curato la colonna sonora per “The Screaming Woman”, per la tv, nel 1972 lavora a “Images”, “L’avventura del Poseidon” e “Un marito per Tillie”, mentre l’anno successivo è la volta di “Il lungo addio”, “Un grande amore da 50 dollari”, “The Paper Chase” e “L’uomo che amò Gatta Danzante”.
A cavallo tra il 1974 e il 1975, invece, lavora a “Conrack”, “Sugarland Express”, “Terremoto”, “L’inferno di cristallo”, “Assassinio sull’Eiger” e “Lo squalo”, grazie al quale si aggiudica un Oscar e un Grammy Award per il “Best Album of Original Score Written for a Motion Picture” nel 1976. E’ nuovamente vincitore di un Oscar nel 1977 con “Guerre Stellari”.
Gli anni ’80
Gli anni Ottanta si aprono con un nuovo enorme successo e un nuovo Oscar “E.T. L’extraterrestre” (1982). Nel 1984 viene chiamato a lavorare alla colonna sonora dei XXIII Giochi Olimpici estivi, che si svolgono a Los Angeles (“Olympic Fanfare and Theme”).
Nel 1988 John Williams è di nuovo coinvolto nell’organizzazione delle Olimpiadi: questa volta, però, si tratta di quelle invernali, che vanno in scena a Calgary (in Canada).
Gli anni ’90
Tra il 1989 e il 1992 raccoglie numerose nomination agli Oscar senza mai trionfare: nel 1989 per la colonna sonora di “Turista per caso”; nel 1990 per le colonne sonore di “Indiana Jones e l’ultima crociata” e di “Nato il quattro luglio”, nel 1991 per la colonna sonora e la canzone di “Mamma ho perso l’aereo”, nel 1992 per la canzone di “Hook – Capitan Uncino” e per la colonna sonora di “JFK – Un caso ancora aperto”.
Nel 1994 vince il Premio Oscar per la migliore colonna sonora grazie al film “Schindler’s List”. Nel 1996 agli Oscar è candidato per la migliore canzone (per il film “Sabrina”), per la migliore colonna sonora di un musical o di una commedia (sempre per “Sabrina”) e per la migliore colonna sonora di un film drammatico (per “Gli intrighi del potere”). Nello stesso anno compone “Summon the Heroes” per le Olimpiadi di Atlanta, mentre due anni più tardi rielabora il “Concerto per violino” che aveva visto la luce nel 1976. Nello stesso anno è nominato agli Oscar per la miglior colonna sonora di un film drammatico per “Amistad”; seguiranno candidature anche nel 1999 (con “Salvate il soldato Ryan”), nel 2000 (con “Le ceneri di Angela”) e nel 2001 (con “Il patriota”).
Gli anni 2000
Nel 2002, in occasione del ventesimo anniversario di “E.T. L’extraterrestre”, dirige un’orchestra dal vivo in occasione di una proiezione della pellicola restaurata e rimasterizzata, suonando tutta la colonna sonora in piena sincronia con le scene.
Nello stesso anno, scrive “Call of the Champions” per le Olimpiadi invernali di Salt Lake City e viene candidato agli Oscar per la migliore colonna sonora per “Harry Potter e la pietra filosofale” e per “Intelligenza artificiale”.
Farà incetta di candidature, senza mai vincere, anche nel 2003 (per la colonna sonora di “Prova a prendermi”), nel 2005 (per “Harry Potter e il prigioniero di Azkaban”) e nel 2006 (per “Munich” e per “Memorie di una geisha”).
Gli anni 2010
Nel 2012 viene nominato agli Oscar per la miglior colonna sonora per due film: “Le avventure di Tintin – Il segreto dell’Unicorno” e “War Horse”. Ottiene la stessa candidatura anche negli anni successivi: nel 2013 per “Lincoln” e nel 2014 per “Storia di una ladra di libri”.
John Williams, storico compositore della saga di Star Wars, è diventato nel 2019 la persona vivente con più nomination agli Oscar in assoluto. L’ascesa di Skywalker ha ottenuto solamente tre nomination agli Oscar 2020, e per il resto è stato abbastanza ignorato dall’Academy. Ma Williams non poteva mancare: è la sesta volta che viene candidato per un film della saga. Questa candidatura porta il suo totale al numero impressionante di 52 nomination. Meglio di lui, nella storia del cinema, ha fatto solo Walt Disney, con 59 candidature (e 22 vittorie). Meryl Streep, che attualmente detiene il record nelle categorie attoriali, ha ricevuto “solo” 21 candidature.
La prima candidatura di Williams risale addirittura al 1968: la ottenne per le musiche de La valle delle bambole. Di queste 52 candidature, solo 5 sono risultate in vittorie, finora. Quelle per Il violinista sul tetto, Lo squalo, Guerre stellari, E.T. – L’extra-terrestre e Schindler’s List. Esatto: è dal 1994 che John Williams non vince più un Oscar. Esatto: non ha mai vinto un Oscar per i temi leggendari di Superman, Indiana Jones e Harry Potter.
Fabrizio de Andrè nasce a Genova il 178 febbraio 1940.
Dopo aver trascorso gli anni della guerra in campagna a Ravignano d’Asti , la famiglia fa rientro a Genova.
Fabrizio frequenta il Liceo Classico, prosegue gli studi alla facoltà di Giurisprudenza, per abbandonare a sei esami dalla Laurea.
Si dedica totalmente alla musica, studia violino, chitarra , suona in gruppi jazz, traduce George Brassens e comincia a comporre brani completamente suoi.
Nel 1958 incide il primo 45 giri “Nuvole barocche”, passato del tutto inosservato.
Il suo primo grande successo è “La canzone di Marinella”, brano che viene inciso e interpretato da Mìna nel 1965, diventando subito un best‑seller.
Nel 1966 esce il suo primo album “Tutto Fabrizio de Andrè”.
Seguiranno “Volume l’ “, “Tutti morimmo a stento”, “Volume 3 “, “Nuvole barocche”, “La buona novella”, “Non all’amore, non al denaro né al cielo”, “Storia di un impiegato “, ” Canzoni”, “Volume 8′ “.
Nel 1976 dopo aver incontrato la cantante Dori Ghezzi, da allora sua compagna per tutta la vita, acquista un’azienda agricola in Sardegna, nella zona di Tempio Pausania.
Nel 1979 viene sequestrato insieme a Dori Ghezzi e per quattro mesi la coppia rimane prigioniera nelle montagne sarde.
Uscirà nel 1981 il disco soprannominato “L’indiano”, ispirato all’esperienza vissuta in Sardegna, seguito poi da “Creuza de ma” Anime salve ” e infine “Mi innamoravo di tutto”.
Fabrizio de Andrè muore il 13 gennaio 1999 : a salutarlo in una chiesa della sua amata Genova una folla mesta e plaudente di migliaia di persone tra vecchi , ragazzi, intellettuali, politici e cantanti famosi mischiati a quei rappresentanti del popolo suburbano che trascina la vita nei vicoli e negli angiporti.
Compositore tedesco naturalizzato inglese, coetaneo di Johann Sebastian Bach, Georg Friedrich Händel fu tra i più illustri rappresentanti del barocco musicale. Scrisse opere, oratori e musica strumentale, assimilando gli stili del Settecento che fuse in una sintesi personale e unitaria
I primi successi
Händel nacque nel 1685 a Halle, in Germania, da una famiglia senza tradizioni musicali. Iniziò da bambino lo studio della musica, dimostrando subito un grande talento come compositore e organista. All’università di Halle intraprese anche studi giuridici. Nel 1703 si stabilì ad Amburgo, dove lavorò come violinista e dove ebbero luogo le prime esecuzioni di sue musiche, tra cui l’opera Almira, regina di Castiglia (1705).
Negli anni successivi compì diversi viaggi in Italia, in Germania e a Londra, dove nel 1711 fu rappresentata con grande successo la sua opera Rinaldo. Nonostante sia oggi conosciuto soprattutto per gli oratori e la musica strumentale, ai suoi tempi Händel fu molto apprezzato per le opere teatrali, prevalentemente composte secondo il modello dell’opera seria italiana (forme musicali). Ambientata in epoca classica, di argomento letterario o di ambientazione mitologica, l’opera seria alterna, in lingua italiana, recitativi e arie. I recitativi, con un’intonazione vicina alla lingua parlata, servivano a far procedere l’azione ed erano accompagnati dal cembalo e a volte dall’orchestra. Le arie, con intonazione melodica, avevano la funzione di esprimere gli stati d’animo o ‘affetti’ dei personaggi e in esse i cantanti mostravano la propria virtuosistica bravura.
Al tempo del soggiorno londinese risalgono anche due significative composizioni orchestrali: le tre suite Musica sull’acqua (1715-36), nate per accompagnare le feste sul Tamigi di re Giorgio I, e i Sei concerti grossi op. 3 (1730-34), ispirati al modello del musicista italiano Arcangelo Corelli.
La cittadinanza inglese
Nel 1719 Händel promosse la fondazione di una società musicale privata, la Royal academy of music, e ne diventò direttore. Nel 1727 ottenne la cittadinanza inglese e per molti anni dominò la scena musicale britannica. Oltre alle circa quaranta opere teatrali, tra cui Giulio Cesare in Egitto (1723), Rodelinda regina de’ Longobardi (1725), Ariodante (1734), Alcina (1735), Serse (1737-38), in questi anni scrisse più di venti oratori ‒ composizioni di argomento religioso, per soli, coro e orchestra ‒ in forma drammatica e in lingua inglese (con narrazione, personaggi e dialogo ma senza scena teatrale), per lo più con testi tratti dall’Antico Testamento (tra cui Esther, 1718, Saul e Israele in Egitto, del 1738 entrambi).
L’adesione di Händel alla cultura inglese non fu occasionale, ma profondamente sentita: lo dimostrano alcuni lavori vocali e strumentali, come Acis e Galatea (1718, con una seconda versione nel 1732) e l’Ode per il giorno di s. Cecilia (1739), composti su testi di poeti inglesi di grande rilievo come John Dryden e Alexander Pope.
Tra la musica strumentale, Händel dedicò in particolare all’organo, di cui era valente esecutore, ben venti concerti con orchestra.
Il Messia e le ultime composizioni
L’oratorio Messia è uno dei lavori più conosciuti di Händel: eseguito a Dublino nel 1742, fu scritto per una istituzione benefica in soli ventiquattro giorni. Il libretto di Charles Jennens, in inglese, illustra in tre parti i momenti più rilevanti della vita di Cristo con brani delle Sacre Scritture (è l’unico oratorio tratto dal Nuovo Testamento). La prima parte tratta dell’Avvento e del Natale; la seconda della Passione e della Resurrezione, culminante nel celebre Halleluja; la terza riguarda la glorificazione di Dio e il destino dell’uomo.
Tra le più interessanti composizioni strumentali degli ultimi anni è degna di nota la Musica per i fuochi d’artificio, inizialmente composta soprattutto per fiati e timpani, perché destinata a un’esecuzione all’aperto alla presenza dei principi di Galles (1749), e in seguito arricchita con gli archi. Gli ultimi oratori Solomon e Susanna (entrambi del 1748), Theodora (1749) e Jephtha (1751) rappresentano l’estrema e più raffinata espressione dell’arte di Händel. Egli trascorse gli ultimi anni della propria vita semiparalitico e quasi completamente cieco, non rinunciando tuttavia a comporre. Morì a Londra nel 1759, celebre e ammirato.
George Harrison, il Beatle silenzioso e spirituale. Un artista straordinario, capace di mettere la firma su alcuni dei brani più famosi e amati del quartetto inglese, come The Inner Light, While My Guitar Gently Weeps, Here Comes the Sun e Something. Andiamo a ripercorrere insieme i momenti più importanti della sua carriera, alcune delle sue migliori canzoni e le curiosità sulla sua vita privata, per celebrare la memoria di un musicista e uomo indimenticabile.
Nato il 25 febbraio 1943 a Liverpool, sotto il segno dei Pesci, George Harrison si avvicinò al mondo della musica nella seconda metà degli anni Cinquanta. Ben presto fondò con il compagno di scuola Paul McCartney e John Lennon, amico di quest’ultimo, il gruppo Quarryman, che nel 1960 assume il nome di Beatles.
La vita dei Fab Four, che in quei dieci anni che cambiarono per sempre la storia della musica, è segnata anche dal mutamento di George. Se nei primi cinque anni di carriera, infatti, il gruppo si limitò a un pop rock standard, nella seconda metà degli anni Sessanta, con l’innesto di elementi tratti da musicalità orientali, iniziarono sperimentazioni raffinatissime. Alla base della metamorfosi del sound del gruppo l’avvicinamento di Harrison alla cultura e alla religione indiana, con il conseguente per strumenti come il sitar.
Dopo lo scioglimento dei Beatles, nel 1970, il chitarrista iniziò ufficialmente la sua carriera da solista, a 27 anni, con l’album All Things Must Pass. Un disco talmente maturo da essere considerato ancora oggi il suo più grande capolavoro. Il successo commerciale fu enorme: 7 milioni di copie vendute in tutto il mondo, grazie anche alla hit My Sweet Lord (brano per cui Harrison fu portato in tribunale con l’accusa di plagio).
Nel 1971 il musicista organizzò un concerto di beneficenza nel neonato Stato del Bangladesh, confermando la sua vicinanza all’India e alle culture orientali. Fu questa la prima iniziativa musicale per fini benefici di portata mondiale. Tra grandi successi e album più sottotono, l’ex Beatle proseguì nella sua carriera per tutti gli anni Settanta, ma nel 1981, dopo la pubblicazione di Somewhere in England subì un improvviso arresto. Harrison, che nel frattempo era impegnato anche come produttore cinematografico, si sentiva poco a suo agio nella scena musicale di quegli anni.
Tornò attivo nel 1987 con Cloud Nine, e nel 1988 il chitarrista fu anche ospite del Festival di Sanremo. Gli anni Novanta furono segnati da svariati progetti, tra cui Anthology dei Beatles, un film-documentario con ben tre doppi album.
George Harrison: la morte
Sempre silenzioso e lontano dalle scene quando non impegnato in progetti artistici, Harrison dichiarò nel 1998 in un’intervista di aver sconfitto un tumore alla gola, secondo lui provocato dal suo ritorno al fumo. Nell’occasione il musicista tranquillizzò i fan, dicendo di essere completamente guarito. Ma si sbagliava. Nel luglio 2001 venne diffusa la notizia di un suo ricovero in una clinica svizzera per combattere un tumore al cervello, poi sviluppatosi in un cancro a un polmone.
Stavolta l’allarme fu più preoccupante, e a maggior ragione. George Harrison morì per il cancro il 29 novembre 2001, a 58 anni, nell’abitazione di un suo amico a Los Angeles. Seguendo le sue volontà, la sua salma fu cremata e le sue ceneri sparse nel sacro fiume indiano, il Gange.
Un anno dopo la sua scomparsa, venne dato alle stampe il suo ultimo album, Brainwashed, che ottenne critiche positive e un discreto successo. Il disco, lasciato incompiuto dal chitarrista, venne completato dall’amico Jeff Lynne e dal figlio Dhani.
Frédéric François Chopin (Fryderyk Franciszek Chopin), compositore e pianista, nasce a Zelazowa-Wola (Varsavia) da padre francese e da madre polacca, il 22 febraio 1810.
Il suo nome era Fryderyk Franciszek Chopin, ma adottò la variante francese “Frédéric-François” quando a venti anni lasciò la Polonia, per non tornarvi mai più.
All’età di 6 anni fu iniziato agli studi musicali dal boemo Zivny e dopo tre anni era già in grado di esibirsi come pianista in una serata di beneficenza.
Già noto e ammirato nei migliori ambienti di Varsavia, Chopin fu affidato, per il suo perfezionamento nella composizione, ad Elsener, direttore del Conservatorio di Varsavia.
Nel 1829 Frédéric François Chopin aveva già composto abbastanza musica per esibirsi in alcuni concerti a Vienna.
Quando i russi occuparono la Polonia, Parigi divenne la residenza di Chopin il quale fin dai primi tempi, protetto dal principe Radzwill, vi ottiene quella piena comprensione che fuori dalla patria non aveva ancora trovato.
Chopin si riavvicina alla famiglia Wodzinski che l’aveva accolto adolescente quale maestro della piccola Maria e da questa frequentazione nasce l’amore tra i due giovani, ostacolato però dal padre che rompe il rapporto d’amicizia con Frédéric-François Chopin: questo duro colpo aggrava di più la fragile salute del musicista.
Nel 1838 conosce George Sand, più grande di lui di sei anni e si getta nelle braccia dell’ “amore compiuto” (parole di George Sand), ma ben presto il rapporto diviene nervoso e caotico.
Per sfuggire al precedente amante di George, i due amanti si rifugiano a Maiorca, stabilendosi nella Cartuja di Valdemossa, nel Nord Ovest dell’Isola, mentre in Spagna continua la guerra.
Nel 1839 Frédéric-François Chopin e George Sand tornano in Francia per l’aggravarsi della tubercolosi di cui lui era affetto.
Durante i sette anni del periodo vissuto con la scrittrice, Frédéric-François Chopin scrive le più belle Mazurche ed i più appassionati Notturni, ma l’incompatibilità dei due caratteri emerse quando Frédéric Chopin prese posizione sul matrimonio fallito di Solange, la figlia di George.
Dopo essersi lasciato con George Sand, nel 1845, Chopin cade in una terribile depressione e la sua vena di compositore sembrò esaurita.
Durante l’ultimo periodo della sua vita, Chopin fu assistito da una sua allieva scozzese, Jane Stirling, che insieme alla sorella Mrs. Erskine, convinse Chopin a trasferirsi in Inghilterra.
Ma il rigido clima inglese e la vita mondana in cui le sue giovani compagne scozzesi lo trascinano, fanno peggiorare la salute del compositore.
Rientrato a Parigi, muore il 17 ottobre del 1849, circondato dagli intimi e viene sepolto a Parigi nel cimitero di Père Lachaise.
Antonio Vivaldi (1678-1741) fu uno dei compositori che influenzarono maggiormente il periodo musicale barocco introducendo nuovi stili e tecniche esecutive soprattutto per gli strumenti ad arco. Nato a Venezia il 4 marzo 1678, morì a Vienna nel 1741.
Iniziò giovanissimo a studiare violino con il padre, violinista nella Cappella di San Marco, finché nel 1703 venne ordinato sacerdote e ben presto fu soprannominato il Prete Rosso per via del colore dei suoi capelli.
Nel 1706 a causa della sua salute molto cagionevole fu costretto a smettere di celebrare messa, ma non lasciò mai l’ordine.
Dal 1703 al 1740 Vivaldi ricoprì diversi incarichi musicali presso l’Ospedale della Pietà di Venezia, una istituzione di carità destinata all’istruzione musicale di ragazze orfane e rimase sempre in contatto con questo Istituto nonostante i suoi numerosi viaggi in Italia e all’estero. Primo incarico fu quello di insegnante di violino e successivamente, per le putte dell’Ospedale, Antonio Vivaldi compose la maggior parte dei suoi concerti, delle cantate e delle musiche sacre.
Essi costituiscono la parte più innovativa dell’opera vivaldiana, che comprende anche sonate per strumento solista – soprattutto violino – e basso continuo, composizioni per orchestra d’archi, musica sacra di vario genere (tra cui il celebre Gloria RV 589 e un Magnificat), cantate e circa 50 opere teatrali, la più notevole delle quali è l’Olimpiade del 1734.
L’opera divenne parte sempre più importante nella produzione di Vivaldi nel secondo decennio del XVIII sec.. La sua prima opera, Ottone in villa, fu premiata a Vicenza nel 1713. Vivaldi scrisse anche per i teatri di Venezia e Mantova, dove il governatore degli Asburgo, il principe Filippo d’Assia-Darmstadt, era un appassionato della musica. Dopo il successo dell’opera di Vivaldi Armida al campo d’Egitto, il principe nominò Antonio Vivaldi maestro di cappella e rimase a Mantova per i due anni successivi scrivendo cantate e serenate.
Il periodo di Roma e Vienna e gli ultimi anni di vita
In seguito si trasferì a Roma che diventò la base principale di Vivaldi dal 1720. Qui compose diverse opere sotto il patrocinio del cardinale Ottoboni. Antonio Vivaldi viaggiava molto e uno di questi viaggi lo portò nel 1730 ad andare a Vienna e Praga e insieme al padre dove vide rappresentata una delle sue opere intitolata Farnace (RV 711). In questi luoghi ritornò anni dopo quando la sua musica ormai non veniva più considerata e apprezzata come un tempo e sperava di diventare compositore alla Corte Imperiale di Vienna, ma la morte dell’imperatore Carlo VI nel 1740 lo lasciò solo e senza nessuno sponsor che lo appoggiasse.
Antonio Vivaldi morì in povertà l’anno seguente, nel luglio del 1741 a Vienna.
Le opere essenziali di Antonio Vivaldi
L’influenza come compositore di Vivaldi sui suoi contemporanei, italiani e stranieri, riguardò soprattutto la musica strumentale e principalmente gli innumerevoli concerti per strumento solista e orchestra d’archi.
I concerti e la musica strumentale
Antonio Vivaldi scrisse oltre 450 concerti di cui circa 250 sono dedicati al violino, di cui il Prete Rosso ne sviluppò enormemente le qualità tecniche ed espressive; mentre gli altri impiegano ogni genere di strumento tra cui anche il mandolino oltre che al violoncello, fagotto, flauto e oboe. Negli allegri, dal ritmo incalzante e vitale, i soli si alternano ai tutti, mettendo in luce un contrasto espressivo e timbrico e un virtuosismo brillante. Nei brevi adagi il solista ha invece modo di esprimere una delicata cantabilità.
Una parte dei concerti è raggruppata in 9 raccolte, stampate ad Amsterdam durante la vita dell’autore. Molti dei concerti hanno inoltre un titolo descrittivo e programmatico, come La tempesta di mare, La notte, La caccia, Il gardellino, La pastorella, L’inquietudine. Le raccolte più significative sono L’estro armonico (1711) e Il cimento dell’armonia e dell’inventione (1725). A quest’ultima appartengono i celeberrimi concerti detti Le quattro stagioni in cui l’intento descrittivo, evidenziato da sonetti che precedono ogni stagione, è realizzato attraverso il sapiente e colorito impasto timbrico, con effetti bizzarri e inconsueti di imitazione della natura e di vigoria espressiva.
La musica sacra
Tra la musica sacra invece ricordiamo la Lauda Jerusalem RV 609, il Gloria RV 589, il Magnificat RV611 e lo Stabat Mater RV621.
Antonio Vivaldi targa parrocchia battesimo Venezia
Antonio Vivaldi, Venezia – Targa della Parrocchia dove è stato battezzato
Lo sapevi?
Nel giorno in cui nacque Vivaldi, il 4 marzo 1678, a Venezia ci fu un forte terremoto. Antonio Lucio (questo il suo secondo nome) venne alla luce molto gracile e la levatrice, Margherita Veronese, gli impartì il battesimo provvisorio a casa per paura che non riuscisse a sopravvivere. Venne poi battezzato ufficialmente nella chiesa di San Giovanni in Bragora il 6 maggio.
All’età di 10 anni iniziò gli studi per diventare sacerdote per assolvere il voto della madre il giorno della sua nascita, ma i suoi problemi di salute, sembra una forma grave di asma, gli condizionarono tutta la vita, sacerdozio compreso tant’è, come abbiamo già detto, che dovette lasciare la celebrazione delle liturgie.
Joseph Maurice Ravel nacque a Ciboure, il 7 Marzo 1875 nella regione Basca francese, ai confini con la Spagna, la madre era basca, e il padre svizzero.
A sette anni studiava il piano e prima dei 13 anni componeva. I genitori per aiutarlo a sviluppare questa passione lo mandarono a studiare al Conservatorio di Parigi, prima per gli studi generali, ed in seguito come studente di pianoforte.
Durante i 14 anni trascorsi al conservatorio, Ravel concorse, inutilmente, diverse volte, per il prestigioso “Premio di Roma”, e fu proprio a causa di ciò che Ravel lasciò il conservatorio dal ’95 al ’98 per rientrarvi frequentando la classe di contrappunto e fuga (tenuta da Gédalge) e il corso di composizione affidato a Fauré, col quale terminò i suoi studi nel 1905.
A soli 24 anni ottiene un grande successo di pubblico con la “Pavana pour une infante défunte”. In seguito collabora con S. Diaghilev, impresario dei Ballets Russes, creando il balletto “Daphnis et Chloé” che consacrerà il suo talento.
Ravel, come Debussy, appartiene al movimento impressionista, ma fu influenzato dal jazz americano, dalla musica asiatica e dalle canzoni popolari tradizionali di tutta Europa.
Durante la Prima Guerra Mondiale non potendo arruolarsi per la salute cagionevole, diventò un autista di ambulanza e tra il 1914 e il 1915 Ravel componeva un trittico per coro a cappella, eseguito nell’ottobre del 1917 al teatro Vieux-Colombier di Parigi, del quale esiste anche una riduzione per voce e pianoforte.
Joseph-Maurice Ravel, biografia e opere
Composto nel 1920, il poema coreografico “La Valse” è una vera e propria apoteosi del valzer. Ravel lo scrisse dietro espressa richiesta di Djagilev, cioè nove anni dopo aver realizzato per l’impresario pietroburghese un altro balletto, quel “Daphnis et Chloé” che fu uno dei cavalli di battaglia dei Ballets Russes.
Nel 1928 Ravel visitò gli Stati Uniti e il Canada viaggiando in treno ed eseguendo concerti pianistici nelle principali sale da concerto di venticinque città, accolto con entusiasmo da pubblico e critica e si conquistò una laurea ad honorem a Oxford.
Conseguendo una continua e crescente simpatia da parte del pubblico, raggiunge il più clamoroso successo con il “Bolero”(1928), composto su richiesta della celebre ballerina franco-russa Ida Rubinstein.
Fra la musica di Ravel, di estrema piacevolezza e comprensibilità, è da ricordare: “Mamma oca”, cinque pezzi infantili per pianoforte a quattro mani e poi per orchestra, ispirata a cinque favole di C. Perrault, due Concerti per pianoforte e Orchestra, di cui il secondo in re maggiore ha la caratteristica di avere la parte pianistica suonata con la mano sinistra (fu infatti composto per il pianista austriaco P. Wittegenstein, che durante la I guerra Mondiale era rimasto mutilato al braccio destro, ma aveva continuato coraggiosamente la carriera concertistica) e “L’ora spagnola”, per il teatro.
Nel 1932 Ravel fu coinvolto in un incidente d’auto che lo ferì gravemente frenando sensibilmente la sua creatività.
Nel 1937 sempre in seguito all’incidente, fu sottoposto ad un intervento chirurgico che gli fu fatale e Ravel morì a Parigi il 28 dicembre, 1937.